Copertina |
Attore |
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Pagliai, Ugo |
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Gassman, Paola |
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Dettagli del film |
Genere |
Commedia; Surreale; Teatro |
Regista |
Valerio, Paolo |
Autore |
Buzzati, Dino |
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Lingua |
English |
Nazione |
USA |
Colori |
Colore |
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Trama |
Finalmente 7 piani Oscar Barone - 10.01.2007
Conseguentemente alla regia accorta ed efficace di Paolo Valerio, Ugo Pagliai torna a calcare le scene nei panni di Giuseppe Conte: avvocato di fama, cinquantaseienne; con una vita alle spalle all'insegna del lavoro, alla cura della vetusta mamma, oltre che alla salvaguardia dell'integrità del proprio tentennale motorino, continuo bersaglio di una banda di liceali. Poco altro, se non l'unico frizzo e lazzo della settimana: il cineforum al sabato sera. In questo iter di solidità inespugnabile, d'improvviso arriva l'agente turbatore, Paola Gassman, la quale interpreta l'unica donna che può attaccare l'apparente imperturbabilità del piacente uomo di mezza età. E l'amore sboccia, anche se non appoggiato dalla vecchia madre, ovviamente preoccupata dall'inaspettato cambio di opinione del figlio.
Nel momento in cui sarebbe ovvio aspettarsi la progressiva risalita al concepimento del sentimento di vita per mano della donna, l'imprevedibile genio di Dino Buzzati - al centesimo dalla sua nascita - coglie al volo l'occasione per dare una stilettata al fianco della banalità. Causa un brufolo accanto all'occhio - talmente piccolo che la donna reitera più volte il concetto del "non si vede neppure" -, reminescenze di quello che doveva essere la perdita della perfezione da parte dell'avvocato, lo spingono invece a farsi curare in una clinica specializzata. Il concetto di solitudine - tanto caro a Buzzati -, sottolineato dal continuo perdere la linea da parte del telefono cellulare, - le poche volte che Paola Gassman riesce a mettersi in contatto con il degente -, è inasprito dalla stretta gerarchia che la clinica ha deciso di adottare: sette piani, in ordine decrescente rispetto alla gravità del caso, universi a sé stanti per quanto riguarda il trattamento e la direzione. La solitudine è accentuata, inoltre, dall'improvvisa scomparsa delle piacevoli proiezioni sul fondo di tela prospiciente alla scena, usate con disinvoltura per disfare le molte matasse delle veloci comparizioni dei personaggi secondari dell'opera.
Da quando l'avvocato Conte entra al settimo piano - un hotel a cinque stelle, con tanto di televisore al plasma e infermiera sexy -, lui che era stato il padrone assoluto del proprio destino, si trova improvvisamente in balia di una cricca di dottori e infermiere eterogenee, aventi come unico obbiettivo, il non dire al degente la gravità del proprio caso. Ciò che è certo, è che il quarto piano, luogo in cui sono ricoverati i casi medio-gravi della clinica, è divenuto l'atroce realtà per Giuseppe Conte. A questo punto il protagonista cerca di opporsi, ma neppure la convincente e appassionata arrabbiatura di Ugo Pagliai - in piedi sul letto d'ospedale, con la faccia paonazza -, riesce ad imbonire lo staff. Che anzi lo raggira, inventandosi chissà quali diatribe interne e disposizioni generali, che fanno sprofondare l'avvocato ai piani bassi, sino al primo. Al primo, quando è oramai maturata l'idea dell'inevitabile fine, con lo sfondo virato definitivamente ad un colore acido e poco appariscente, il mobilio scarnificato di tutto - se non del letto su cui il morente tenta di aggrapparsi con ogni forza -, le ultime parole che rimangono da dire vengono adoperate nella frustrazione di poter aver dato di più, nel trattare la tragica caducità della vita, sino a che le imposte della propria camera non vengono calate definitivamente, segnalando a tutti gli altri degenti che in quella stanza qualcuno se n'è appena andato. Un finale che ricorda per certi versi Il canto del cigno, anche se in tono minore. Causa imprevisti, gli inviati di Whipart non hanno potuto portare testimonianze visive della prima scaligera, ma possono assicurare che la visione di tale spettacolo è da consigliarsi per tutte le età e capacità intellettuali.
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Dettagli personali |
Visto |
No |
Indice |
1640 |
Stato della collezione |
In collezione |
Posizione |
T3-Teatro |
Qualità |
99 |
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Dettagli del prodotto |
Formato |
DivX |
Regione |
Region 1 |
Nr di dischi/nastri |
1 |
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Note
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Giuseppe Corte è un avvocato dai solidi principi. Tutto casa e lavoro, dedica il tempo libero alla mamma, che gli vuole tanto bene e con cui condivide l’appartamento. Non c’è bisogno d’altro nella sua vita, perché ogni cosa è organizzata e sotto controllo. A Giuseppe Corte non gliela si fa, perché Giuseppe Corte è un avvocato che sa il fatto suo. Infatti conosce bene le leggi e i codici, ed è praticamente impossibile prenderlo in castagna, sia in tribunale che fuori; a meno che un fatto completamente imprevisto dalle leggi e dai codici non venga ad interferire nella sua vita. L’amore di Elisabetta, non contemplato da nessun articolo finora studiato da Corte, lo convincerà a cambiare, e lo trasformerà in un uomo nuovo, gentile e disponibile. Prima di dedicarsi completamente alla nuova esistenza di felicità e affetti, gli resta solo un ultimo, trascurabile affare da risolvere: andare in una clinica specializzata, per farsi togliere un brufoletto dalla guancia. Ma sì, questione di due giorni, perfino il dottore gli ha detto che non è niente...
7 Piani è uno spettacolo dedicato al mondo surreale e quotidiano di Dino Buzzati. L'originalissima riscrittura di Michele Ainzara sottolinea gli aspetti comici ed al tempo stesso non lugubri, struggenti del grande autore bellunese. Ainzara costruisce infatti una commedia fedele al mondo buzzatiano e insieme innovativa per stile e scrittura.Lo spettacolo è un omaggio alla comicità involontaria di un uomo che, incapace di normali relazioni umane, viene travolto dall’amore e che non riesce, o non vuole, trovare una via di fuga dal suo destino. L’allestimento è divertente e al tempo stesso profondo, e rende 7 Piani uno spettacolo per ridere e pensare. (Paolo Valerio)
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