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Tutto su mia madre (1999)
Copertina Attore
Cecilia Roth Manuela
Marisa Paredes Huma Rojo
Candela Peña Nina
Antonia San Juan Agrado
Penélope Cruz Sister María Rosa Sanz
Rosa Maria Sardà Madre de Rosa
Fernando Fernán Gómez Padre de Rosa
Toni Cantó Lola
Eloy Azorín Esteban
Carlos Lozano Mario
Dettagli del film
Titolo originale Todo sobre mi madre
Genere Drammatico
Regista Almodòvar
Produttore Agustín Almodóvar; Michel Ruben
Autore Pedro Almodóvar
Lingua Italiano
Censura R
Durata 101 min.
Nazione Spain
Colori Colore
Valutazione IMDB 7.8
Trama
Il film inizia con la morte di Esteban, figlio diciassettenne della protagonista Manuela. Quella sera erano andati entrambi a vedere lo spettacolo teatrale Un tram chiamato desiderio. Alla fine dell'esibizione Manuela ed Esteban attendono all'uscita Huma, attrice dello spettacolo, per un autografo. Ma quella notte pioveva a dirotto e l'attrice, una volta uscita dall'edificio si era infilata subito in macchina ed era fuggita via. Esteban aveva rincorso allora l'autovettura, ma era stato investito ad un incrocio.

Dopo la morte del figlio Manuela decide di partire per Barcellona alla ricerca del padre di Esteban. La donna aveva da sempre nascosto al figlio l'identità del padre, cosicché il ragazzo aveva sempre covato nel cuore il desiderio di conoscerlo ed incontrarlo. Così, come per soddisfare l'ultimo desiderio del figlio Manuela, va alla ricerca del suo ex compagno che ora è una transessuale che vive a Barcellona e si fa chiamare Lola.

Arrivata nella città, la madre incontra subito una sua vecchia e cara amica, Agrado, anche lei transessuale, che per vivere è costretta a prostituirsi. Da quel momento in poi gli avvenimenti e le storie dei vari personaggi si sovrappongono in modo vorticoso. Manuela conosce Rosa, una suora destinata ad andare in missione, che si ritrova però sieropositiva e incinta. Il padre del bambino, con grande sorpresa e dolore di Manuela, è ancora Lola. Agrado, grazie a Manuela, lascia il marciapiede per lavorare da Huma, come assistente tuttofare. Manuela, infatti, era riuscita a conoscere Huma e a raccontarle la storia di Esteban.

Anche Huma aveva avuto una storia travagliata: era in ansia per Nina, un'attricetta tossicomane, con cui aveva intessuto una storia d'amore. Rosa partorirà quindi un bimbo, a cui darà il nome di Esteban, e che consegnerà a Manuela prima di morire. Al funerale di quest’ultima finalmente compare Lola. Debilitata dall'HIV, subisce il carico dei suoi errori, fra cui la consapevolezza di essere padre di un figlio ormai morto, e di uno appena nato.
Dettagli personali
Visto No
Indice 366
Stato della collezione In collezione
Posizione T1-Drammatici
Collegamenti IMDB
Qualità 99
Dettagli del prodotto
Formato DivX
Regione Region 1
Nr di dischi/nastri 1
Note
Quello che emerge dal film è lo spessore umano dei personaggi principali, che sono tutte donne. C'è il personaggio principale di Manuela che affronta con coraggio la perdita del figlio e, come per soddisfare un suo ultimo desiderio, va alla ricerca del padre; la figura di Rosa, dipinta come un'anima candida, che ha immolato la sua intera vita per il prossimo, fino a quando non si innamora di Lola, che la abbandonerà come ha fatto con Manuela. Ed infine Agrado. La figura di Agrado assume vita propria sia come icona del vero e della sua ricerca; sia come simbolo di un "godimento" solidale, finalizzato principalmente all'annientamento del dolore, insito nella vita di ognuno. In un suo monologo dichiara che il suo nome d'arte racchiudeva in sé il suo più grande desiderio: quello di alleviare le sofferenze altrui, ovvero rendere la vita di ogni persona con cui entrava in contatto, più "gradevole" (da qui il nome Agrado). Durante il film, si respira un clima insolito e, nel contempo rasserenante. Un'atmosfera inusuale, in cui ogni eccesso (o evento che nella vita comune, verrebbe interpretato come tale) è oggetto di livellamento e armonizzazione. Un "modus vivendi" in cui i personaggi principali accettano ogni avvenimento più tragico con la più ovvia naturalezza e spontaneità. La donna (o le donne di questo film) è raffigurata come un essere saggio e compiuto che è ben consapevole del senso e della portata vera della vita. Tutte queste donne piangono, soffrono e si disperano; ma nello stesso tempo ridono, scherzano e continuano a sognare. Comprendono tutto, e tutto perdonano. Come fa Agrado, all'inizio del film, quando viene assalita da un suo cliente. Prima si difende, graffiandolo con le unghie e insultandolo per poi,a pericolo scampato, indicargli una sua amica per farlo medicare. Queste donne conoscono la sostanza della vera umanità e della tolleranza. Uno stile di vita superiore alla norma, che ravvisa il risentimento e la sofferenza, ma che impedisce a quest’ultimi di incancrenirsi e trasformarsi in rancore ed odio. Sono donne umili, che alla fine del loro percorso evolutivo, non giudicano e non condannano. Sono donne che amano la vita, e che sono disposte solamente a vivere. E vivere riesce loro nel migliore dei modi: lo fanno senza zavorre, con la stessa leggerezza e la stessa intensità dei fuochi d'artificio.

Non ci sono uomini in questo film, o meglio non ci sono personaggi maschili di spessore. Forse l'unico personaggio che può essere considerato maschile è Lola. Un uomo che vive e che ama, ma che lo fa in modo immaturo. Una figura che si fa trascinare dal suo destino, solo per apprezzarne il lusso ed il gusto; e che si rifiuta però di fare i conti con le conseguenze delle sue azioni. Un uomo vile, che non ha neppure il coraggio di affrontare in pubblico il funerale di Rosa ma che si accontenterà di viverlo da lontano ed in disparte dai gradini di un colle. Un'altra figura maschile, sebbene solo abbozzata, è il padre di Rosa, affetto però da demenza senile. Nella sostanza quindi, un uomo che non ha memoria della vita.

Il concetto di donna-madre quindi viene qui assurto ad obiettivo supremo a cui sia uomini che donne possono aspirare. Solamente una donna od un uomo che (secondo quanto esposto sopra) possa essere definito "donna", saprà veramente cosa significhi vivere e potrà essere madre. Potrà, cioè, vivere "senza zavorre" ed elargire esempi di vita vera.

Emblematica è la dedica con cui il regista chiude il film:
« A tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre »


In questo film, la trasgressione viene letta e reinterpretata in modo innovativo ed audace. Ogni eccesso viene rilevato, studiato e mostrato al pubblico non più come effetto ultimo di un disturbo, o squilibrio. Viene descritto e raccontato nell'istante stesso della sua genesi. In questo modo, partendo dalle cause (e non più dagli effetti) che hanno dato vita a quel comportamento, le conseguenze appaiono più naturali e consonanti con il fondo dell'identità individuale in oggetto. Almodóvar ribalta, soprattutto con il personaggio di Agrado, il modo di leggere ed interpretare sia le diversità che i cosiddetti "eccessi". Redimendo gli outlier di qualunque dimensione esistenziale, attraverso un'umanizzazione della trasgressione tout-court ed una riabilitazione del vecchio adagio, secondo cui, "non bisogna mai giudicare, ciò che non si riesce a comprendere nella sua interezza".