Quasi nulla piace ai lettori di Mordecai Richler quanto addentrarsi nell'albero genealogico di Barney Panofsky, sperando prima o poi di imbattersi nel vero progenitore romanzesco di uno dei personaggi più amati degli ultimi anni. Bene, con questo libro del 1980 la singolare caccia all'uomo iniziata, in Italia, tredici anni fa può considerarsi conclusa. Entra Joshua Shapiro, scrittore e giornalista di successo ricoverato in ospedale dopo la misteriosa sparizione dell’amatissima moglie, e dopo essere stato coinvolto in un clamoroso scandalo di natura sessuale. Nello stato confusionale in cui si trova, Joshua non è in grado di dire quale delle innumerevoli voci che circolano sul suo conto sia fondata, e quale invece debba considerarsi una calunnia. Per riuscirci, dovrà infatti andare molto indietro nel tempo, fino a un'infanzia affidata in parti uguali alla madre, nota nella zona di St. Urbain Street per i suoi spogliarelli, e al padre, un pugile a riposo e furfante in attività, molto ansioso di trasmettere al figlio i segreti del suo (secondo) mestiere. Cominciando dall'inizio – attraverso gli anni, le donne, gli amici, e la solita, incontenibile frenesia vitale – Joshua riuscirà, a modo suo, a comporre il rompicapo. Sarà una ricerca movimentata e molto lunga, per lui: ma per il lettore, come sempre e anche di più, persino troppo breve.
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Guardatemi adesso, pensava Joshua.
La gamba destra non era più appesa mediante pulegge al soffitto di una stanza d'ospedale, ma era ancora ingessata: alla sua età le fratture multiple faticano a saldarsi. Niente più cannule che fuoriuscivano dalle narici, che lo nutrivano per endovena o gli drenavano i polmoni. Un gorgogliare di sangue a ogni respiro. Continuava a rimuginare su tutto il sangue che gli avevano pompato in corpo. Sei litri di sangue altrui. Allagava i suoi sogni, insozzava le sue ore di veglia. Con ogni probabilità, una parte di quel sangue l'ospedale se l'era procurata comprandolo da ubriaconi senza un soldo o drogati. Finirò sicuramente col beccarmi l'epatite, pensò. Se non peggio.
Quando uscì in Italia, La versione di Barney di Mordecai Richler diventò presto un singolare caso editoriale. Pubblicato nel 1997, nell’autunno del 2000 il libro arriva in Italia, ma non ha subito un successo immediato. Il quotidiano Il Foglio ne scrive particolarmente bene, ma le vendite non superano la buona routine di simili libri Adelphi. Nel 2001 poi Il Foglio inizia un’inaudita e per certi versi spregiudicata campagna a sostegno del libro e del suo autore. Due o tre articoli al giorno, citazioni, interviste, rubriche: questo il ritmo con cui il libro di Richler viene promosso. Per un giornale di poche pagine come Il Foglio era gran cosa. Quel libro stava diventando più importante di qualsiasi altra notizia. Ed è così che molti sono venuti in contatto con l’eccezionale personaggio di Barney Panofsky, rimanendo immediatamente e irrimediabilmente stregati dal suo fascino.
Se La versione di Barney è considerato il romanzo più autobiografico di Richler – è l’unico di dieci romanzi scritto in prima persona -, Joshua allora e oggi ci presenta un personaggio che a buon diritto può essere considerato il progenitore romanzesco dell’amato Barney. Pubblicato nel 1980, Joshua allora e oggi è un romanzo in parte autobiografico a cui Richler ha lavorato molti anni (adattandolo successivamente anche per un film e una miniserie televisiva), che raccoglie alcuni ricordi dell’infanzia a Montreal e dei successivi anni come scrittore. Joshua allora e oggi è un percorso che affonda le radici nel passato per stabilire la verità del presente.
Facciamo la conoscenza di Joshua Shapiro mentre è ricoverato in ospedale. Joshua è uno scrittore e giornalista che si trova in stato confusionale in seguito a un brutto incidente. La moglie molto amata sembra sparita misteriosamente e pare che Joshua sia stato coinvolto in un clamoroso scandalo di natura sessuale. Come mai si trova in queste condizioni? Per ricostruire quello che è successo (e trovarvi un senso) Joshua dovrà ripercorrere la storia della propria vita, e noi lettori lo seguiamo in questo viaggio tra passato e presente recuperando i pezzi di un puzzle che lentamente si ricompone e si svela.
Si parte dall'infanzia nel quartiere ebraico di Montreal nei difficili anni Trenta dominata dalle figure del padre, un ex pugile che si guadagna da vivere con qualche truffa, e della madre, spogliarellista molto nota nella zona di St. Urbain Street, che gli offrono una singolare educazione ebraica.
Giovane uomo, deciso a diventare uno scrittore, Joshua parte per l’Europa. Dopo alcune avventure in Spagna, approda a Londra, dove conosce la bella Pauline, figlia di un senatore canadese, e la sposa, facendo così il suo ingresso nell’alta società che critica duramente per la sua ipocrisia e condanna nei suoi scritti.
Tornati a Montreal, la vita di Joshua e della sua famiglia va avanti felice. Dal matrimonio nascono tre figli. Joshua è ormai un giornalista affermato e controverso, circondato dagli amici d’infanzia che hanno a loro volta trovato la propria - più o meno ambigua - strada. Poi una serie di circostanze farà precipitare la situazione. La presenza disturbante dell’amica d’infanzia di Pauline, l’affascinante Jane Trimple, e di suo marito, un ambiguo finanziere molto noto. L’arrivo del fratello della moglie, Kevin. Uno scandalo legato alla pubblicazione di una corrispondenza omosessuale tra Joshua e un amico romanziere - corrispondenza che loro stessi avevano architettato anni prima per vendere il materiale alla biblioteca di un’università americana. La tranquillità della vita di Joshua e della sua famiglia verrà annientata per sempre.
Spiazzante, scorretto, pungente, Joshua Shapiro è un personaggio indimenticabile, verso il quale è impossibile non provare simpatia/empatia: un campione di nichilismo al pari del suo nipote Barney. E nonostante le smentite di Richler, sia Joshua che Barney sono personaggi molto autobiografici. Tutta la produzione di Richler ruota intorno a dettagli autobiografici e a figure maschili così imponenti.
In un mondo completamente corrotto, forse, quella portata avanti da Joshua - che, per quanto si comporti in maniera scorretta e spregiudicata, rimane sempre cosciente degli abissi di menzogna e assurdità che gli uomini sono in grado di raggiungere, e non perde la capacità di sorprendersene e di provare umana pietà - è l'unico tipo di integrità possibile. E di redenzione. Del resto, verso la fine Pauline in piena crisi di nervi gli dirà: "Tu ti sei rivelato più onesto di noi. Forse perché sei nuovo del gioco. Io invece vengo da una vecchia famiglia. Solide radici. Marcia fin nel midollo". Come Barney, Joshua si salva, ma non solo: diventa un eroe dei nostri tempi. Siamo certi: di grandi romanzi così non ci stancheremmo mai.
Altezza x Larghezza |
220
x
140
mm |
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Letto |
SI (24/03/2014) |
Collocazione |
To-Left-3 |
Proprietario |
Zabot, Marco |
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Fine Lettura |
27/03/2014 |
Collocazione Mia |
To-left-3 |
Da leggere |
No |
Consultazione |
No |
Num. Volte letto |
1 |
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Ancora un libro sui franco.canadesi. Ancora ben scritto e piacevole da leggere. Solo che rispecchia un po' troppo, in generale, La versione di Barney. Non ricordavo che gli ebrei fossero così numerosi in Quebec.